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Manovra, stipendi più alti per i ministri non eletti. E rispunta la norma anti-Renzi...

  • Immagine del redattore: Pietro D'Angelo
    Pietro D'Angelo
  • 13 dic 2024
  • Tempo di lettura: 2 min
Un emendamento dei relatori alla legge di bilancio in discussione alla Camera propone di equiparare il trattamento economico fra i componenti di Palazzo Chigi che sono parlamentari e quelli che non hanno lo stesso status
Pd-M5s: “Avevamo detto di migliorare i salari ma non quelli dei politici”

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni


Equiparare l’indennità dei ministri non parlamentari, circa 9.200 euro lordi al mese, a quella dei ministri che sono anche parlamentari, circa 12.400. È la norma su cui il governo sta ragionando e vorrebbe inserire nella manovra tramite uno degli emendamenti dei relatori attesi per venerdì pomeriggio in Commissione Bilancio a Montecitorio. L’ipotesi del blitz per innalzare gli emolumenti, confermata da fonti parlamentari a margine dei lavori, beneficerebbe quattro ministri che non sono né deputati né senatori: Orazio Schillaci (Salute), Guido Crosetto (Difesa), Marina Calderone (Lavoro) e Alessandro Giuli (Cultura). Il costo della norma è stimato in 1,3 milioni di euro: spesa irrisoria per il bilancio pubblico, ma difficilmente giustificabile all’esterno. Tanto che la notizia ha già sollevato reazioni indignate dalle opposizioni: “Mentre il Paese lotta per arrivare a fine mese, il governo decide di destinare risorse pubbliche all’aumento degli stipendi dei ministri. Una scelta che lascia increduli e appare ancora più grave alla luce di una manovra di bilancio che non investe in sanità, scuola, lavoro e casa. Il governo fa finta di non capire: noi chiediamo un miglioramento delle condizioni e degli stipendi degli italiani, non di quelli dei ministri e dei membri del partito della presidente Meloni”, attacca il capogruppo dem in Commissione, Ubaldo Pagano.


Per Vittoria Baldino, vicecapogruppo M5s in assemblea, “se confermato, l’emendamento sarebbe veramente vergognoso. Ancor di più dopo che FdI, Lega e FI hanno bocciato le nostre proposte per aumentare di cento euro al mese le pensioni minime, introdurre il salario minimo e ripristinare il Reddito di cittadinanza. Un Paese con il record di poveri assoluti e quasi 4 milioni di lavoratrici e lavoratori poveri non si merita un governo che continua a pensare solo ed esclusivamente ai propri interessi a scapito della collettività. Si fermino subito”, dichiara. Interpellato sulla norma a margine di Atreju (la festa di Fratelli d’Italia), il ministro della Salute Orazio Schillaci si schermisce: “Sarà il Parlamento a decidere. Nella mia vita non ho mai fatto nessuna scelta per motivi economici. Lo dico chiaramente e continuerò a fare scelte non per motivi economici ma per fare ciò che mi piace fare. Sono stato un uomo fortunato, ho sempre fatto ciò che mi piaceva fare, non ho mai guardato al guadagno come la cosa più importante della mia vita”.


La norma anti-Renzi

Lo stesso emendamento prevede infatti che i componenti del governo non possano svolgere incarichi retribuiti per «soggetti pubblici o privati non aventi sede legale o operativa nell’Unione europea». Se lo fanno, quello che guadagnano va versato al bilancio pubblico entro 30 giorni dall’erogazione. E quei soldi finiranno «al fondo di ammortamento dei titoli di Stato». E se non versano? Scatta la multa «di importo pari al compenso percepito». La norma si applica anche a deputati, senatori e presidenti di Regione, «salva preventiva autorizzazione rilasciata dagli organi di appartenenza secondo le procedure stabilite dai rispettivi ordinamenti». E vale anche per gli europarlamentari italiani.

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